La newsletter per chi ha sete di comunicare |
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Siamo Elisa Santambrogio, graphic e web designer nel suo Waooh Studio, e Silvia Ghisi a.k.a. Cuciverba, copywriter appassionata di SEO e inclusività. Entrambe siamo freelance dal lungo passato in agenzia, appassionate di musica e amanti dei gatti.
Questa è la nostra Spuma, newsletter mensile a quattro mani per chi ha sete di comunicare.
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When I got the music I got a place to go |
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Ciao ,
Ehi, questo è il dodicesimo numero di Spuma, che compie un anno! Siamo molto felici del traguardo raggiunto, anche se non siamo sempre state costanti. Ma rivendichiamo anche l’improduttività, quando è necessaria. Lo scorso mese, ad esempio, abbiamo saltato un’uscita e ci dispiace per chi la aspettava o per chi aveva appena fatto l’iscrizione. Però per noi è importante che gli argomenti della nostra newsletter siano approfonditi e ben argomentati, insomma non ci piace fare le cose tanto per farle. E non ce la sentivamo di uscire, per varie ragioni.
Pensa , che il tema di oggi è stato uno di quelli a cui abbiamo pensato fin da subito, ben un anno fa: è nella nostra “to do list” da allora.
E quale modo migliore di festeggiare il primo anno di Spuma se non con un argomento a noi tanto caro, pure leggero ed estivo?
Per noi, infatti, la musica è molto importante, Elisa difficilmente riesce a lavorare o comunque a passare una giornata senza ascoltare almeno un’ora di musica. E Silvia pure, per lei è un modo per stimolare la creatività, far viaggiare la testa, mantenere la calma o, al contrario, sfogarsi.
Per citare una canzone dei Rancid, “Radio” dall’album “Let’s Go” - 1994, che dà il titolo a questa newsletter, When I got the music I got a place to go - che in italiano suona circa così “Quando ho la musica ho un posto dove andare”.
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Anche se potrei passare delle ore a parlare di musica, delle band che adoro, di quelle appena scoperte, di quelle che non sopporto, dei generi musicali che sì mi piacciono, ma dopo 2/3 canzoni anche basta, e delle migliori e peggiori performance da palco a cui ho assistito, non lo farò. Spuma parla di comunicazione visiva e verbale e poi non so quante persone apprezzerebbero certi generi musicali che ascolto 😉, e in ogni caso lo faccio già nella vita reale con amic* e conoscenti.
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La musica per me è “sacra” e se mi capita di comprare un libro per la sua copertina, questo non accade mai con un disco, anzi se devo mettere le due arti a confronto: musica batte grafica 2-0.
Solo per farti un esempio, anche se adoro le illustrazioni di Elisa Seitzinger, non comprerei mai l’album “Bestiario d’amore” di Vinicio Capossela - non è il mio genere musicale ma la cover è così bella, ha vinto anche dei premi, che se potessi acquistare solo quella lo farei. Rispetto i gusti musicali di chiunque, ci mancherebbe, quindi se sei fan di questo artista spero di non averti offes*.
Insomma, ormai avrai capito , Spuma#12 parla di cover art musicali.
Se ci segui sui nostri profili Instagram, WaoohStudio e Cuciverba, potresti aver partecipato al sondaggio che abbiamo lanciato due settimane fa. Abbiamo chiesto alle nostre community di indicarci l’artwork musicale preferita, a prescindere dalla musica.
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Le risposte che abbiamo ricevuto sono state varie: alcune inaspettate e curiose, altre decisamente condivisibili in quanto dei veri e propri capolavori di grafica e illustrazione.
Qualche scelta è stata indicata da più utenti ma non tanto quanto pensavo, ad esempio mi aspettavo che più persone ci indicassero Miles Davis - “Bitches Brew” con la copertina di Malti Klarwein, così famosa che qualche anno fa Absolut Vodka l’aveva omaggiata con la cartolina promozionale “Absolut Miles” (che io conservo sotto vetro sul mio tavolo da lavoro). Ma quanto erano belle le cartoline promozionali degli anni ‘90?
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Oltre a “Bitches Brew”, segnalata solo da Riccardo, ci sono almeno altri quattro capolavori indiscutibili della grafica, legata alla musica, che ci avete indicato:
- The Velvet underground - “The Velvet Undeground & Nico” - 1967 - Andy Warhol
Non puoi non aver visto almeno una volta la copertina con l’iconica Banana di Andy Warhol, segnalataci da Paola. La copertina originale del primo album di Lou Reed e soci era un po’ diversa da quella delle pubblicazioni successive. Così come voluto da Warhol, uno dei produttori della band, in origine la banana era adesiva e, a fianco, c’era la scritta “Peel slowly and see” (letteralmente “sbuccia lentamente e guarda”). Sollevata la buccia compariva il frutto, di colore rosa. Oggi questo vinile con l’adesivo vale 35.000 dollari, uno dei dischi più costosi della storia!
- Pink Floyd - “The dark side of the moon” - 1973 - Hipgnosis Studio. Scelta da Giovanni T. e Luca.
La copertina, disegnata da George Hardie, è semplice, pulita, essenziale: sfondo nero, un raggio di luce bianca proiettato in un prisma che si scompone in sei colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu e porpora. L’idea era venuta a Storm Thorgerson degli Hipgnosis Studio, guardando un’illustrazione sul processo di creazione della luce attraverso un prisma di vetro. L’Hipgnosis Studio, successivamente Storm Studios Design, ha firmato altre copertine celebri che ci sono state indicate: “Wish you were here”, sempre dei Pink Floyd, e “Houses of the holy” dei Led Zeppelin, entrambe scelte da Sonia. Oltre alle sopracitate famosissime cover, Storm Thorgerson e soci hanno realizzato artwork per tante altre band e artisti come Cranberries, Audioslave, Antrax, Syd Barret, The Steve Miller Band, The Mars Volta, tanto per citarne alcuni.
- The Beatles - “Yellow submarine” - 1969 - Heinz Edelman | Considerata da Giorgio la migliore copertina di sempre.
L’illustratore tedesco fu l’art director sia del film d’animazione (1968) basato sulla celebre canzone della band britannica, sia dell’album, il decimo, che uscirà un anno dopo il film perché George Martin, produttore della band considerato il “quinto Beatle”, decise di ri-registrare i suoi brani presenti nel lato B del disco. La grafica è così iconica che LEGO qualche anno fa (2016) ha prodotto in edizione limitata proprio il sottomarino giallo e le minifigures dei Fab Four di Liverpool.
- Joy Division - “Unknown Pleasures” - 1979 - Peter Saville | Scelta sia da Agnese che da Giovanni T.
Linee bianche su sfondo nero, per la precisione onde radio emesse da una pulsar, la CP1919 scoperta nel 1967 da Jocelyn Bell, studentessa all'Università di Cambridge. La storia di come queste onde radio siano finite sulla copertina dell’album di debutto dei Joy Division è su per giù questa: Bernard Sumner, chitarrista della band e grafico vide questa immagine mentre faceva altre ricerche presso la Manchester Library. La band propose a Peter Saville, grafico dell’etichetta discografica, l’immagine su sfondo bianco. Ma a noi graphic designer non piace tanto eseguire alla lettera i suggerimenti della clientela, e così Peter propose la copertina con i colori invertiti.
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Insomma, le cover art possono essere elaborate o semplici, almeno a prima vista, anche con soggetti grafici infantili, ne è un esempio la copertina, scelta da Silvia Z. Moby - “Wait for me” - 2009 - Coa Design che ha realizzato il concept partendo da un disegno originale dello stesso Moby. Oppure l’album dei Mudhoney - “Every good boy deserves fudge” - 1991 - opera dell’illustratore Ed Fotheringham, tra le preferite di Giovanni C.
Ci sono poi cover dal messaggio forte, sconvolgente, come il primo album omonimo dei Rage Against the Machine. Rage Against The Machine - “Rage Against The Machine” - 1992 - ingrandimento della fotografia scattata a Saigon dal fotografo Malcolm Browne. Lo scatto ritrae il monaco buddista Thích Quảng Đức mentre si autoimmola dandosi fuoco per strada per protesta contro il presidente Ngô Đình Diệm, colpevole di aver oppresso la religione buddista nel Vietnam. Suggerita da Segumarket che ci ha segnalato anche:
- Wu Tang Clan “Enter the Wu-Tang (36 chambers)” - 1993 - Daniel Hastings, fotografo che ha lavorato tra gli altri con tanti artisti della scena hip-hop e rap americana;
- Oasis “(What's the Story) Morning Glory?“ - 1995 - Brian Cannon | Microdot che oltre alle cover della band di Manchester ha firmato anche copertine per i The Verve e Suede.
E le donne? Beh, tra le copertine che ci avete segnalato solo una è stata realizzata da una donna: Melvins “Stoner Witch” - 1994 - illustrata da Mackie Osborne. Una delle scelte di Giovanni C. L’artista e illustratrice ha firmato molte cover e grafiche per le punk band americane dagli anni ‘80 in poi. Suo è il celebre scheletro dei Social Distortion. Gestisce DeeOhGee Press, una tipografia ospitata in un garage chiamato Green Dungeon dove stampa copertine di CD e LP in edizione limitata.
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Forse qualcuna tra le copertine sopra citate non l’hai mai vista, ma con questa credo di andare sul sicuro, se non altro perché poco tempo fa il protagonista immortalato sulla cover ha fatto causa (già archiviata) ai restanti membri della band e agli eredi: Nirvana “Nevermind” - 1991 - Robert Fisher, Geffen records/ Flying Fish Studio. Per la stessa band l’artista ha firmato la copertina dell’ album “Incesticide” - 1992, sul fronte c’è un dipinto realizzato da Kurt Cobain, cantante della band, e quella di “In Utero” - 1993. Il manichino anatomico di una donna con l’aggiunta di un paio di ali pare essere appartenuto sempre a Kurt Cobain, collezionista di modelli anatomici.
Tutte e tre queste cover art sono state scelte da Silvia che segnala anche Jesus Lizard “Liar” - 1992 - Malcolm Bucknall, pittore che rappresenta spesso nelle sue opere personaggi che sono animali antropomorfi, proprio come in questa copertina dove quattro gatti dal corpo umano sono seduti a un tavolo.
Qualcosa di nicchia la propone Giovanni T., andando a scovare band della scena punk e post punk britanniche che non conoscevo (grazie per le segnalazioni), contemporanee ai più famosi e conosciuti Sex Pistols o Clash. Wire “Pink Flag” - 1977 - David Dragon Grafica minimal, semplice e chiara. Il nome dell’album non è scritto, almeno sul fronte copertina, ma è rappresentato da una bandiera rosa (pink flag, appunto) al centro della cover. Come sfondo, un cielo azzurro che occupa la maggior parte della superficie assieme al terreno di colore marrone.
The Pop Group “Y” - 1979 - Don McCullin (fotografia di) Sul fronte della copertina la foto ritrae una tribù africana mascherata che brandisce armi primitive. Una “Y” di colore rosso, il titolo dell’album, attira l’attenzione, sulla destra in verticale il logo del gruppo, è quasi indecifrabile e si nota appena.
Le copertine dei gruppi punk, a differenza di quelle metal, piuttosto incanalate verso un genere preciso, sono varie; un esempio sono le copertine del collettivo politico e musicale Crass. (Se vuoi approfondire la conoscenza di questo gruppo ti consiglio il libro: Crass bomb - l’azione diretta nel punk di Agenzia X).
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Sempre Giovanni T. ci suggerisce anche Radiohead - “Hail to the thief” - 2003 - Stanley Donwood L'artwork realizzato in collaborazione con Thom Yorke (Tchock), frontman della band, riprende l’aspetto di una mappa stradale con, al posto degli edifici, parole e frasi, molte tratte dai testi delle canzoni, come "Punchup", "We can wipe you out", "Are you fresh?”.
Sinceramente pensavo e speravo che al sondaggio ci rispondessero più persone ma, vista la lunghezza di questa newsletter, è stato meglio così. 😄 Forse una delle motivazioni me l’ha data Roberta, quando ha risposto al sondaggio, segnalandomi quella che era la sua copertina preferita qualche anno fa. Le ho chiesto allora quale fosse la sua preferita oggi e mi ha risposto che non le conosce più perché non le capitano mai sott’occhio. In effetti la musica oggi si ascolta in streaming, in modo più pratico e meno “ingombrante” rispetto a un CD, un vinile o, perché no, una vecchia e obsoleta musicassetta. A proposito, io ne ho ancora qualcuna che riesco ad ascoltare su una delle auto di famiglia.
E la copertina preferita di Roberta? Metallica “Master of Puppets” - 1986 - Don Brautigam
L’artista ha dipinto l’opera, piuttosto inquietante, partendo da uno schizzo di James Hetfield, il cantante della band. Un cielo rosso fuoco, un prato ricoperto di croci bianche legate a dei fili altrettanto bianchi tenuti da mani che spuntano dal cielo. Il dipinto originale non comprende il logo della band, aggiunto in seguito solo sul booklet.
Qualcun’altro ha scelto una copertina dei Metallica come la sua preferita che per Ottaviano è Metallica “Metallica” (Black album) - 1991 - Reiner design consultant. Una copertina monocromatica nera, da qui il nome “Black album” con cui viene indicato solitamente il disco, che vede un serpente stilizzato di un nero più scarico in basso a destra e il logo della band opposto diagonalmente, sempre dello stesso colore.
Per Elena invece la copertina più bella o importante per lei è quella dell’unico artista italiano tra le segnalazioni ricevute Francesco De Gregori “Rimmel” - 1975 - Francesco De Gregori Il cantautore è anche autore della copertina del disco, forse è per questo che non è indicato sul booklet o almeno in quelli che ho controllato di persona. Una donna aristocratica in abiti ottocenteschi è inserita in un ovale, circondato da strisce verticali in bianco e nero.
Siamo alla fine e per ultime ho lasciato quelle che per me sono tra le copertine più belle o rilevanti, che hanno influenzato il mio modo di fare grafica in qualche modo:
Smashing Pumpkins “Mellon Collie and the infinite sadness” - 1995 - John Craig probabilmente è grazie a questa cover che mi sono appassionata ai collage digitali.
Beastie Boys “Hello Nasty” - 1998 - Bill McMullen Forse la copertina più bella che io abbia mai visto, di quelle che ogni volta che la vedo resto a bocca aperta, tanto che ho la versione in CD originale del 1998 e una riedizione in vinile. Se non la conosci ti consiglio di dare un’occhiata, non solo al fronte ma proprio a tutto il booklet.
Ultima menzione d’onore che mi permetto di fare è per Travis Smith, music cover artist principalmente di gruppi metal, che ha firmato tra gli altri molte copertine degli Opeth e dei Katatonia; è a lui che mi sono ispirata per alcuni lavori di qualche anno fa.
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Grazie ancora a chi ha voluto contribuire a questo numero di Spuma; se non hai risposto ai nostri sondaggi puoi sempre farlo ora rispondendo a questa email e segnalandoci la o le tua/tue cover art musicali preferite.
A cura di Elisa
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Sono una persona che sente parecchio il peso della crisi climatica, credo di essere ecoansiosa. Come per tutti gli eventi climatici estremi di cui siamo testimoni, pure le alluvioni dell’Emilia-Romagna mi hanno sconvolta. E così, assieme al mio compagno Giovanni, il 2 giugno abbiamo deciso di andare a dare una mano, muniti di guanti, mascherina e alti stivali di gomma.
Siamo stati a Faenza, ma non l’abbiamo scelta per un motivo preciso. A guidarci lì è stata una piattaforma, che ho utilizzato per candidarci come volontari. Prima avevamo provato a contattare telefonicamente e via Messenger alcune realtà attive per l’alluvione, senza successo per lo meno per tempestività, ma essendo in emergenza non pretendo che mi si risponda nel giro di poche ore.
Quindi mi sono affidata, come dicevo poco sopra, a una piattaforma: www.volontarisos.it, che ha come obiettivo il coordinamento delle persone volontarie, a seconda delle esigenze rilevate sul territorio da parte di enti, autorità locali e realtà preposte.
Il sito è molto intuitivo e veloce (non so però quanto sia accessibile). Dopo aver fatto la registrazione, mostra i nomi di paesi e città in cui c’è bisogno di una mano nei giorni successivi (con indicati luogo, data e ora di eventuali turni), cosa c’è da fare e il numero di persone necessarie.
E così ci siamo candidati per spalare a Faenza il 2 giugno, con un preciso punto di ritrovo da dove i volontari di Emergency ci avrebbero comunicato il luogo effettivo (uno dei) in cui portare il piccolo contributo delle nostre gambe e braccia, soprattutto braccia (e schiena!). Ci hanno anche regalato, come a tutti i volontari coordinati, una tuta bianca da indossare per proteggerci, e ci hanno nutrito e dissetato. ❤️
Non credevamo di vedere la devastazione a cui ci siamo trovati davanti, a distanza di due settimane dall’ultima alluvione. Sono tutti ricordi che porterò per sempre nella testa e nel cuore. Abbiamo liberato, assieme a persone sconosciute, cantine, garage e giardini da decine di centimetri di fango con pale e tira acqua (uno strumento utilissimo, che non conoscevo, e pure fragile perché ne abbiamo rotti parecchi a furia di spingere via melma). L’unico obiettivo corale era liberarsi di tutta quella fottutissima fanghiglia, che odi con tutte le tue forze e sembra non sparire mai.
Tornando alla piattaforma, mi è sembrata un’ottima soluzione per gestire un’emergenza. Così ho approfondito un po’ questo strumento e ho letto che è stato messo a disposizione dal fondatore di Rockin’ 1000, ed ecco che ritorna il tema della musica. 😊 Stefano Zaffagnini è romagnolo, cesenate per la precisione, e ha avuto la brillante idea di condividere il know how di quanto aveva già fatto, anni prima, per la ricerca di musicisti e musiciste. Grazie a Rockin’ 1000, infatti, si ritrovarono in mille a Cesena per suonare all’unisono “Learn to Fly” dei Foo Fighters con l’obiettivo di portare la band statunitense in città, e la band arrivò.
E così, dopo il disastro delle alluvioni, in poche ore hanno messo in piedi la nuova piattaforma, sfruttando parte del codice di quella per musicisti, questa volta per la ricerca di persone volontarie per l’alluvione. Abbiamo fatto l’iscrizione in ben più di mille, le cifre sono 50 volte superiori (ma potrebbero essere anche di più quando ti arriverà Spuma). E, visto il successo, pare che siano in vista nuovi sviluppi per VolontariSos, che potrebbe essere di nuovo utile in occasione di eventuali altre emergenze. Così ho letto sui media.
When music and tech rock! 🤟
A cura di Silvia
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Grazie per averci lette fino a qui!
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Ti salutiamo con due canzoni
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