La newsletter per chi ha sete di comunicare |
|
|
|
|
Siamo Elisa Santambrogio, graphic e web designer nel suo Waooh Studio, e Silvia Ghisi a.k.a. Cuciverba, copywriter appassionata di SEO e inclusività. Entrambe siamo freelance dal lungo passato in agenzia, appassionate di musica e amanti dei gatti.
Questa è la nostra Spuma, newsletter mensile a quattro mani per chi ha sete di comunicare.
|
|
|
|
|
|
LabirINPS: perdersi nei portali della PA |
|
|
|
Ciao ,
eccoci con l’ottavo numero della nostra newsletter, il primo dell’annata 2023, un po’ lunghetto. Ti avvisiamo che abbiamo sforato.
Ci auguriamo che tu abbia iniziato il nuovo anno nel migliore dei modi.
Noi abbiamo salutato il 2022 con l’idea di non fare buoni propositi per il 2023, e tu, hai fissato degli obiettivi oppure hai deciso di fare come noi?
A dir la verità, Elisa per i prossimi mesi ha deciso di lavorare sul sito di Waooh Studio per adeguarlo a ciò che è lei oggi, assieme alla sua offerta. Dopo due anni dalla sua pubblicazione è arrivato il momento di dargli una “rinfrescata”, aggiornando i contenuti e magari rivedendo qualche aspetto della struttura per migliorarlo. È una cosa che sente di fare anche Silvia per i testi del suo sito, e spera di riuscire a portarla a termine.
Tornando a Spuma, in questo numero parliamo della User Experience (UX) per siti web, che non può essere lasciata al caso: va studiata, progettata e aggiornata in base al pubblico a cui ci si rivolge. Lo studio dell’esperienza utente non si ferma a questo, l’argomento è decisamente complesso e articolato. Vediamo perché. |
|
|
|
Mi sono persa nel LabirINPS |
|
|
|
Tra la metà di dicembre e i primi giorni di gennaio io e Silvia ci siamo ritrovate a parlare al telefono di accessibilità online e UX, dopo aver avuto difficoltà a cercare precise informazioni personali su un portale di utilità pubblica del nostro Paese, quello dell'INPS.
Mi ritengo abbastanza pratica del web: navigo dai tempi dei modem 56k, quando non esisteva ancora la linea ADSL, figuriamoci la fibra, ed ero assidua frequentatrice di chat su ICQ e poi IRC (a proposito, esistono ancora entrambi i sistemi di messaggistica!).
E ho iniziato a utilizzare il codice html per personalizzare il mio canale mySpace (agli esordi si poteva). Insomma, non mi ritengo una guru ma diciamo che, in termini moderni, potrei definirmi una “pro”, anche per il lavoro che faccio. Eppure, per trovare le informazioni che stavo cercando sono dovuta ricorrere al call center INPS.
|
|
|
|
Ritengo che il problema stia alla base, nella progettazione del portale che definirei a dir poco labirintico.
Prima di continuare con il racconto, però, metto le mani avanti.
La progettazione di un portale come quello di cui sto parlando non è semplice: la quantità di dati e di informazioni contenute e le possibilità offerte dallo stesso rendono il tutto assai complicato. Questo sito ha visto, e probabilmente vede ogni giorno, il lavoro di un team di persone esperte che hanno sicuramente già risolto molti aspetti critici e stanno facendo un ottimo lavoro. Lo stesso portale, inoltre, mette a disposizione dell’utente un’area dedicata ai suggerimenti per il miglioramento delle pagine - ottimo! - e una guida all’utilizzo che ho trovato poco interessante, ma forse è utile a persone poco pratiche del web.
Tornando al mio racconto, a ottobre ho inoltrato tramite il portale INPS la domanda per un bonus. Dopo un po’ di tempo, non avendo ricevuto alcuna comunicazione via posta certificata, richiesta durante la compilazione online, sono tornata sul portale alla ricerca della domanda presentata. |
|
|
|
Dove cercarla? Secondo la mia logica queste informazioni dovevano trovarsi nell’area personale, dove in passato avevo ricevuto notifiche su altre richieste fatte, invece il nulla.
Ho lasciato passare altro tempo, pensando a un sovraccarico del sistema ma, dopo aver saputo che altre persone avevano ricevuto una notifica per la stessa domanda, ho ricontrollato. Anche questa volta non ho trovato nulla, così, un po’ preoccupata di aver sbagliato qualcosa (anche se avevo la ricevuta della domanda), ho contattato il call center.
Parlando con l’operatrice, gentile e disponibile, ho scoperto che dovevo digitare nell’area di ricerca il nome del bonus e poi selezionare, tra i risultati trovati, quello con la dicitura “domanda”. Avevo già fatto la ricerca ma, evidentemente, avevo scelto le parole sbagliate e non era uscito ciò che cercavo. |
|
|
|
Cliccato il link, mi sono trovata in una sezione mai vista, e probabilmente non raggiungibile in altro modo. La mia domanda era lì, era stata accettata, ma l’erogazione era bloccata per un’anomalia riscontrata dal sistema nei dati che avevo inserito.
Certo, può succedere, ma a cosa serviva l’indirizzo di posta certificata se non ad avvisare di un’irregolarità tipo questa?
Dopo una verifica dei miei dati, non riscontrando errori, ho richiamato l’ente spiegando nuovamente l’accaduto e l’operatrice, anche lei cortese e disponibile, mi indica due opzioni: segnalare il problema o andare fisicamente allo sportello dopo aver preso appuntamento telefonico con la sede di competenza. Tempo stimato in questo caso: 2 settimane.
Decido ancora una volta di affidarmi alla comodità della tecnologia online e faccio la segnalazione. L’operatrice mi indica dove controllare lo stato della domanda. Indovina? In un’ulteriore sezione del sito: “INPS risponde”.
Questa volta le e-mail di notifica sono arrivate, ma alla mia solita casella di posta, non via PEC.
Per concludere, il mio problema si è risolto anche prima del tempo stimato, ma mi sono domandata: “quante persone si sono trovate nella mia situazione, o in situazioni simili, magari senza avere la mia stessa conoscenza del web?”. Forse c’è chi ha pensato che non ricevendo informazioni la sua domanda non fosse stata accettata.
Insomma, il portale INPS ha fatto un passo avanti, permette di inviare pratiche e consultare tantissime informazioni, che una volta richiedevano ore e ore di coda allo sportello, però c’è ancora qualcosa da sistemare. Non è solo un problema di questo sito, probabilmente la percentuale di siti non accessibili, totalmente o parzialmente, è molto alta. |
|
|
|
L’esperienza di Elena per cambiare le cose |
|
|
|
Negli ultimi mesi, nove per l’esattezza, Elena Panciera sta portando avanti una campagna per modificare l’approccio di un grande operatore di servizi ICT. Lo sta facendo a nome suo ma anche per tutte quelle persone che si sono trovate e si troveranno, loro malgrado, in una situazione simile: il subentro dopo un lutto. Dalla sua esperienza è emersa la mancanza di empatia da parte dell’azienda e di una procedura ad hoc per questi casi. Non solo l’azienda è carente di tatto, ma formula richieste varie, come deleghe e firme, che per forza di cose non possono essere soddisfatte, e di conseguenza tutto ciò comporta (ri)vivere emozioni negative. Anche nel sito di questa azienda, dice Elena, non è chiaro dove trovare i contatti diretti per questo tipo di procedure in modo da evitare i call center, che spesso non sanno dare risposte. Auguriamo a Elena e alla sua tenacia di riuscire nell’impresa e la ringraziamo per aver deciso di intraprendere questo percorso per cambiare le cose, che sarà di certo utile ad altre persone. |
|
|
|
Per concludere: l’accessibilità dei contenuti di un sito |
|
|
|
Ogni esperienza vissuta, bella o brutta che sia, traumatica o semplicemente snervante ci insegna qualcosa. Così, dopo questa disavventura con INPS, ho deciso di pormi delle domande e di dedicare del tempo per analizzare e ripensare il mio sito. Quanto è semplice la sua interfaccia grafica? Come posso facilitare la navigazione? Che linguaggio dovrei usare per rivolgermi alle persone che lo visitano?
A questo proposito, qualche giorno fa ho acquistato il libro “Emotion Driven Design - Progettare contenuti per interfacce in sintonia con le persone”, di Valentina Di Michele e Andrea Fiacchi di Officina Microtesti. Mi ha consigliato questo manuale Silvia, che ne fa la recensione poco più sotto.
Ma quindi, come deve essere un sito per essere facilmente accessibile nei contenuti? Deve arrivare a chi lo legge, farsi capire e comprendere. Il linguaggio utilizzato deve quindi essere adeguato al pubblico a cui si rivolge; senza parole difficili o tecnicismi, se non necessari. E in questo INPS ci riesce.
L’accessibilità di un sito web però riguarda anche la facilità nel trovare i contenuti che si stanno cercando; la navigazione deve essere intuitiva e di facile comprensione o quantomeno guidata da informazioni chiare, ed è qui che il portale INPS crea confusione e genera un labirinto.
A rigor di logica ogni utente andrà a cercare la documentazione che lo/la riguarda, qualsiasi essa sia, nell’area personale a cui accede tramite login ma, in questo caso, non è così. Il problema sta quindi nel modo in cui è stato progettato il sito, nella sua architettura.
La navigazione deve essere fluida. Gli approfondimenti, se necessari, devono essere facilmente raggiungibili dalle persone interessate, ma non devono saturare l’homepage creando altrimenti confusione. Gli argomenti/servizi dovrebbero essere ordinati secondo una logica, anche gerarchica, e saranno poi i testi, tramite bottoni e call to action, a guidare l’utente verso un’azione o specifici argomenti, con un linguaggio gentile, chiaro, diretto e sincero.
Cosa ne pensi, , anche tu hai esperienze da segnalarci? Se vuoi condividerle con noi, rispondi alla mail e ne parliamo nelle stories di Instagram.
A cura di Elisa |
|
|
|
Guillermo del Toro - Pinocchio Netflix
Tra dicembre e gennaio ho guardato tutte le stagioni della serie tv Manifest, di cui attendo l’uscita delle puntate conclusive, l’ultima stagione disponibile di The Sinner, Esterno Notte di Marco Bellocchio e Vatican Girl. Vorrei tantissimo poter vedere The Bear e Boris 4, ma non ho Disney+ perché solo Netflix è già un salasso. 😅
Detto ciò, in questo numero non ti parlo né di serie né di miniserie, ma di un film, più precisamente un film di animazione girato in stop-motion (adoro 😍): Pinocchio di Guillermo del Toro (di suo ho visto di recente Cabinet of Curiosities). Nel making of ho appreso che ci sono voluti più di 15 anni per creare quest’opera cinematografica e devo dire che ne è valsa la pena. |
|
|
|
La storia è una rilettura del classico perché si discosta dal racconto originale di Collodi, a partire dall’ambientazione storica: l’Italia fascista. Pinocchio è una pellicola politica e, in questo riadattamento, tutto ruota attorno alla morte, e di conseguenza alla vita, alla libertà dell’essere umano e al potere della disobbedienza, contrapposta al conformismo e all’imposizione della funesta dittatura. Le vere marionette non sono i burattini, né tantomeno Pinocchio.
Tranquillizzo chi non ama i musical come me, faccio eccezione solo per il Rocky Horror Picture Show: non ho trovato eccessive le parti cantate a livello di minutaggio. E se in Spuma #6 avevo criticato la narrazione piena di cliché sull’Italia nel film “Love in the Villa”, in questo Pinocchio (produzione U.S.A. e Messico) non ne ho trovati. Applausi.
A cura di Silvia
|
|
|
|
Emotion Driven Design progettare contenuti per interfacce in sintonia con le persone - Valentina Di Michele, Andrea Fiacchi - ed. Apogeo |
|
|
|
Ho consigliato questo libro a Elisa mentre mi parlava della sua “avventura” nel portale INPS. È un manuale che ho letto un annetto fa e, se non lo avete, ve lo consiglio. L’ho apprezzato moltissimo per quanto riguarda la mia professione di copy, ma è valido per tutte le persone che hanno a che fare con il mondo digital e l’esperienza utente, la famosa “UX”.
Sto parlando di “Emotion driven design. Progettare contenuti per interfacce in sintonia con le persone” (Apogeo Editore) di Valentina Di Michele e Andrea Fiacchi. Ne avevo scritto sul mio profilo LinkedIn (a proposito, entriamo in contatto anche lì se ti va), ma per comodità riporto qui di seguito il testo, un po’ abbreviato.
Il manuale accompagna, passo passo, nella progettazione dell'esperienza utente, a partire dalle parole. Parole che hanno infatti il potere di rassicurare le persone, con l'obiettivo poi di guidarne le azioni, o di suscitare emozioni come rabbia e frustrazione. Questi due sentimenti portano ad abbandonare la pagina, l'acquisto o - peggio del peggio - a scrivere una mail infuriata al customer care o ad alzare la cornetta per chiamare il call center (come ha fatto Elisa con INPS). Dunque, progettare contenuti è una grande responsabilità. Per farlo bene bisogna pensare alle persone che li leggono e a cosa provano in ogni momento della navigazione. Ma anche scrivere testi e microtesti facilmente comprensibili, accessibili e inclusivi.
Il manuale è chiaro, scorrevole, puntuale e riesce a spiegare - coerentemente con quanto insegna - argomenti complessi come il content design, l'Ux writing e la content strategy, grazie a parole semplici, molti esempi e spunti preziosi. Non mancano suggerimenti pratici e i “ferri del mestiere”, come software e tool utili da usare. Inoltre, alla fine di ciascun capitolo, c'è un piccolo riassunto di ciò che si è imparato. Poi, da appassionata di musica, ho apprezzato molto le “soluzioni punk” e gli ascolti suggeriti per uscire dai guai.
A cura di Silvia
|
|
|
|
|
Grazie per averci lette fino a qui! |
|
|
|
|
|
Ti salutiamo con due canzoni
|
|
|
|
Ti piace questa newsletter? |
|
|
|
Hai perso Spuma#7? Puoi leggerla qui |
|
|
|
Le grafiche pubblicate in questa newsletter sono state realizzate anche con immagini che provengono dal sito rawpixel.com |
|
|
|
|