Caro Maestro, trai i suoi scritti ritrovo un’affermazione: «La cancellatura è un fatto filosofico che ci riguarda tutti». Quando lei afferma, ad esempio, «Non credo che la cancellatura sia iconoclasta» o, riguardo alla sua opera sulla costituzione, dice che «distruggere la costituzione è un modo per salvarla», mi sembra esercitare al massimo grado questo genere di sensibilità. Potrebbe dirmi qualcosa di più riguardo a questo intervento su un’opera così importante, simbolo di un patrimonio culturale?
Posso dire questo – non necessariamente facendo ricorso a Freud, ma anche, se necessario: nella vita degli uomini, niente viene cancellato davvero; rimane comunque una zona oscura. Dunque, cancellare la parola in qualche modo significa accantonarla in una zona buia per riprenderla quando serve davvero. Freud non diceva questo quando parlava di rimozioni che si ripresentano, prima o dopo? Allo stesso modo, la parola si ripresenta, prima o dopo...
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