La newsletter per chi ha sete di comunicare |
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Siamo Elisa Santambrogio, graphic e web designer nel suo Waooh Studio, e Silvia Ghisi a.k.a. Cuciverba, copywriter appassionata di SEO e inclusività. Entrambe siamo freelance dal lungo passato in agenzia, appassionate di musica e amanti dei gatti.
Questa è la nostra Spuma, newsletter mensile a quattro mani per chi ha sete di comunicare.
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Ciao ,
mentre tutta Italia sta parlando della campagna “Open to Meraviglia” del Ministero del Turismo, noi abbiamo deciso di focalizzarci su un’altra campagna che è passata un po’ in sordina, ma è altrettanto attuale.
Ti comunichiamo subito che questo undicesimo numero di Spuma è un po’ polemico e lungo. Parla di genitorialità e natalità, quindi se sono argomenti delicati, non ci offendiamo se decidi di non leggerlo. Ti consigliamo però di dare un’occhiata all’evento in calce alla newsletter, oppure ci ritroviamo alla dodicesima Spuma. 🙂
Il tema è affrontato con l’analisi di un corto che mi ha letteralmente “dato il La”. A differenza del solito, non mi concentro su una campagna che mi ha colpita positivamente. Questo brevissimo film mi ha colpita sì, ma anche un po’ inquietata, non tanto per i messaggi allarmanti che lancia, ma per ben altro motivo. Vediamo perché, ma prima è giusto introdurre il contesto. |
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Poche settimane fa l’Istat ha diffuso i dati sulla natalità in Italia: sono 393.000 le persone nate nel 2022. Per la prima volta dal 1861, anno dell’Unità d’Italia, questo numero è sceso sotto quota 400.000. La crescita è negativa: più morti che nascite. Ed è così dal 2009, cioè da 14 anni il trend è quello della denatalità.
Mi sono chiesta: e le persone migranti in Italia? Confermano la tendenza (articolo del fattoquotidiano.it): si passa da 2,53 figli nel 2008 a 1,87 nel 2021. Cresce anche l’età media al parto, dai 27,5 anni nel 2008 ai 29,7 nel 2021.
Inoltre, le proiezioni demografiche delle Nazioni Unite stimano per l’Italia una diminuzione della popolazione pari al 10,8% nel 2070. Di contro, però, nel mondo nel non tanto distante 2050 ci saranno 10 miliardi di persone (oggi siamo quasi 8 miliardi), mica bruscolini per un pianeta in piena crisi climatica.
Quelli della denatalità, però, sono dati che non stupiscono.
Nel 2008 anche l’Italia inizia a subire il colpo di una crisi economica internazionale, gli stipendi sono fermi e bassi da anni, anzi registrano una flessione negativa mentre in altri Paesi europei sono cresciuti quasi del 300%. Le politiche di welfare per la genitorialità sono pressoché assenti e la cura resta ancora esclusiva delle madri perché il congedo di paternità è di 10 giorni. |
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E quanto costa un/a figlio/a? Il costo medio in Italia è 640 euro al mese, dati Bankitalia 2017-2020, considerando l’aumento dell’inflazione e il carovita ora saranno pure aumentati. Secondo Federconsumatori fino ai 18 anni di età si spendono in media 175.642 euro, eventuali studi universitari esclusi.
Inoltre, aggiungo, decidere di mettere al mondo una nuova persona non è solo un onere economico e una rinuncia al lavoro, se c’è, o alla carriera. Si tratta di un individuo in più in un pianeta segnato dalla crisi climatica. Un essere umano in più che mangia, consuma, inquina e che deve a sua volta lavorare e produrre.
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E qui arriviamo al dunque.
Il corto si chiama “Adamo - Una storia vera dal futuro”. Non so , se ne hai sentito parlare o lo hai visto. È uscito un paio di mesi fa e devo dire che non ho letto molto al riguardo.
In poco più di 7 minuti racconta la denatalità in Italia, a modo suo: è il 2050 e tre anni prima è nato l’ultimo bambino, maschio, bianco, da genitori bianchi. Le prime scene sono dedicate al racconto dei genitori, preoccupati e spaventati per l’assenza di coetanei e coetanee di Adamo. Sì, si chiama così il bambino, con un chiaro riferimento biblico.
La mamma afferma che è un “bambino speciale, come tutti i bambini”. Il sottofondo sonoro è molto emotional. Il papà ribatte che “è bellissimo stare con lui e passare il tempo insieme. Forse è uno dei momenti più belli che possa capitare a un papà, a una mamma. La difficoltà è che siamo tutto il suo mondo ed è difficile crescerlo e al tempo stesso lavorare”. Le scene insieme sono felici, di gioco, Adamo recita e canticchia una filastrocca, sdraiato sul tappeto con papà.
La parola poi passa ad altre figure: Alessandro Rosina, demografo e docente della Cattolica (ça va sans dire) che mette in evidenza la sottovalutazione del problema demografico in Italia, dove mancano politiche efficaci nei confronti delle famiglie, misure per la maternità e paternità, così come i servizi per l’infanzia.
Poi è il turno di Barbara Clerici, maestra di Adamo, sconfortata in una classe vuota, prende in mano un peluche accompagnata dalle note di un pianoforte che rende il mood triste e malinconico. Insomma, le mancano i bambini che “riempiono sempre”.
Tocca di nuovo a Rosina, che aggiunge “le aziende hanno fatto fatica a strutturarsi a favore dei neo genitori. Servivano iniziative per intervenire sulle condizioni lavorative, gli orari e la conciliazione lavoro-famiglia con congedi parentali. E invece è aumentata l’incertezza perché non siamo passati dall’idea di un figlio come un costo economico e complicazione organizzativa a intenderlo come valore collettivo in cui invece tutta la società ha convenienza a investire”.
E poi l’ostetrica Gloria Margherita Roberti cammina in una sala parto, “dove la vita ha origine”, ora dismessa e inutilizzata. Ricorda la nascita di Adamo, con tanta emozione: il suo pianto, la sua commozione e quella dei genitori. Ora, dice che non ci sono più le emozioni di quando si entrava nelle stanze del reparto.
E di nuovo i genitori, a chiudere il corto. Il papà commenta che “sono stati tre anni bellissimi: essere papà e fare i genitori è stupendo, non posso negare quanto siano stati complicati (n.d.r. Per la solitudine rispetto ai coetanei? Per la mancanza di conciliazione vita-lavoro?). Però posso dire con certezza che non abbiamo mai dubitato nemmeno per un secondo di aver portato Adamo in questo mondo”.
Infine la mamma “per noi rappresenta la speranza, anche per l’Italia di avere un futuro. Perché i bambini sono il nostro futuro”.
Scorrono le immagini di bambini felici che giocano a calcio, ascoltano il maestro in classe e passeggiano nella natura. Poi, compare il messaggio sovrimpresso “Ma salvare il futuro del nostro Paese, oggi, è ancora possibile. Visita adamo2050 .com e scopri cosa possiamo fare insieme”.
Un film di Plasmon.
Sì, hai letto bene. Un film di PLASMON.
Tutto ciò non è creepy, ?
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Pensavi fosse una campagna del Ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità del Governo, che è fissato con la natalità, contrario all’aborto ma pure alla gestazione per altre persone, allo ius soli e alle famiglie omogenitoriali? Uno spot di pro vita, Popolo della Famiglia e Family Day? No, è un film di Plasmon, una multinazionale di proprietà dell’americana Kraft Heinz spa che vende prodotti per l’infanzia e fattura proprio con le nascite. Ehi, il capitale ha bisogno di nuove persone per perpetuarsi. 😉
E non è finita qui! Se visiti il sito della campagna puoi leggere “Per crescere il futuro dell’Italia, è necessario che ognuno faccia la sua parte”. Ed è presente il form per la raccolta firme “La Promessa di Adamo per iniziare un movimento e portare questi temi agli Stati Generali della Natalità, il prossimo 11 e 12 maggio a Roma, per cambiare insieme il futuro dell’Italia”. Promotori: Fondazione per la natalità e Forum delle famiglie (entrambe realtà cattoliche), sponsor Plasmon e Chicco.
Già questo, per me, basterebbe a chiudere qui la newsletter. Un’azienda direttamente coinvolta si inserisce in una faccenda così personale come la scelta di mettere al mondo una o più persone.
E Plasmon, come azienda, che fa? Se ti incuriosisce conoscere le politiche di conciliazione vita-lavoro della multinazionale, ho trovato in rete un articolo del Sole24Ore del 2022, sul sito del brand, invece, alla voce “responsabilità sociale” non ho trovato dati e informazioni approfondite. |
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Ma voglio aggiungere qualche altra breve riflessione. La campagna è piaciuta a molte persone, non ho letto giudizi negativi, anzi. Tecnicamente è ben fatta, un po’ retorica se vogliamo, ma sulla qualità non si discute. Così come sono indiscutibili le osservazioni di Rosina sulla carenza di politiche e misure efficaci. Adamo, poi, è adorabile. 🥰
Tornando allo spot, a mio parere manca il riferimento alla “patria” per poterlo quasi confondere con una campagna di novant’anni fa. Ti propongo un gioco, : prova a sostituire “patria” o “nazione” a “Italia” e “Paese” e rileggi le frasi delle call to action, sia del sito che del corto, con una voce da speaker anni Venti. Non ti torna in mente qualcosa? 😉
E le persone che vorrebbero avere figli ma non possono? Anche su di loro graverebbe il “senso di colpa” instillato dal video per non volere salvare il futuro del Paese? E perché quando si parla di natalità in uno Stato laico bisogna sempre associare il tema alla religione cattolica?
Ma poi, non possono esistere altre ragioni che spingono una persona o una coppia a non voler procreare, oltre a quelle economiche e lavorative? Non può essere, ad esempio, una scelta dettata dalla consapevolezza che quel futuro che la campagna vuole garantire all’Italia non è poi così roseo? Un futuro segnato da un mondo sempre più inabitabile, ingiusto, iper popolato, colpito da guerre, crisi di vario tipo e pandemie? Nell’articolo di La Svolta ci sono alcuni dati che spiegano quanto una nuova persona che viene al mondo impatti sul clima a livello di emissioni inquinanti. E, leggendo “Il colore verde”, la newsletter di Nicolas Lozito, ho scoperto che “ogni essere umano, in media, porta con sé ogni anno un bagaglio di 530 nuovi chili di cemento e 240 di acciaio”.
E si può considerare che esistono persone che non sentono l’esigenza di diventare genitori, che stanno bene così come sono e si sentono già “complete” senza prole, in barba alla pressione sociale? Insomma, ogni persona deve poter compiere la scelta che preferisce, avere o non avere figli/e.
Aggiungo anche: vogliamo parlare della violenza ostetrica? Il parto, a quanto pare, non è solo commozione, gioia, emozioni positive, ma a volte anche lesione dei diritti e del consenso. Non sono titolata a parlarne io in prima persona, per ovvi motivi, ma se ti interessa l’argomento ti invito a seguire su Instagram “Anche a me”, un manifesto e una proposta di legge contro la violenza ostetrica subita da molte persone.
Infine, e poi chiudo davvero, chissà se il bambino che ha impersonato Adamo sarà contento, quando sarà adulto, di essere comparso in questo spot.
E tu, , vuoi aggiungere altre considerazioni?
A cura di Silvia
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Accessibility Days 18 e 19 maggio 2023 - Roma e online |
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Il 18 e 19 maggio torna “Accessibility Days”, il più grande evento italiano sull'Accessibilità e l'Inclusività delle tecnologie digitali. La due giorni sarà a Roma negli spazi dell’edificio Marco Polo dell’Università Sapienza, oppure online ma senza la possibilità di partecipare ai workshop. Per chi è pensato l’evento? Soprattutto per developer, designer, maker, creator e content editor, ma anche per chi si occupa di tecnologie digitali o vuole iniziare a interessarsi ai temi.
Se vuoi conoscere il programma, in via di definizione, e le modalità di partecipazione, ti rimandiamo al sito dell’evento.
Tra i seminari notiamo Atto Europeo sull’Accessibilità e normativa: novità, recepimenti, sviluppi e problematiche, che ti suggeriamo di seguire anche se non sei del settore ma magari hai un’attività.
Il 2025, infatti, è l’anno in cui entrerà in vigore l’European Accessibility Act per i servizi digitali (ad es. e-commerce, ebook, portali, home banking, ecc.) e, credici , il tempo per adeguarsi non è poi così tanto e soprattutto non riguarda solo la programmazione lato codice ma anche la scrittura dei testi, la descrizione delle immagini e no, purtroppo, non basterà un plug-in per risolvere in poco tempo il tutto!
Noi abbiamo iniziato a parlarne in Spuma#5, la newsletter dedicata alle linee guida WCAG ma abbiamo già in programma di riprendere il discorso in una (o due, tre) delle prossime uscite.
Da quello che abbiamo capito di recente, perché quando si parla di leggi diventa un po’ complicato, i servizi digitali già in funzione entro il 28 giugno 2025 avranno cinque anni di tempo per adeguarsi, mentre tutti i nuovi servizi da quella data dovranno essere conformi alle direttive dell’EAA.
Questo seminario dovrebbe aiutarci a fare luce su tali aspetti ancora poco chiari.
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Grazie per averci lette fino a qui! |
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Ti salutiamo con due canzoni
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Hai perso Spuma#10? Puoi leggerla qui |
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