All’inizio, e il nostro inizio non può che iniziare in Grecia, c’è una madre, Medea, che uccide i propri figli. Perché li uccida non è importante, li uccide, conta solo questo. È il significante che conta, e il significante è chiaro, una madre che uccide i propri figli. Come a dire che nella nostra tradizione c’è sempre stata questa possibilità. Prima, in fondo, non vuol dire altro che prima di prima c’era un altro prima, e così via risalendo indietro. Quindi non c’è mai stato un prima. Prima è ora. Per questo Medea è sempre stata con noi.
Abbiamo detto che cercare di capire perché Medea uccida i propri figli non è importante (la psicologia, com’è noto, è inutile). Ma appunto, li uccide. E in Crimes of the future di Cronenberg la madre uccide il figlio Brecken (Sotiris Sozos), lo soffoca con un cuscino mentre dorme pochi minuti dopo l’inizio del film. Nella prima scena – un bambino seduto su uno scoglio, sullo sfondo il relitto di una nave naufragata, poi l’inquadratura di una casa che si affaccia sul mare greco – avevamo sentito la madre urlare al figlio l’eterna raccomandazione delle madri, cioè di stare attento a ciò che mangia. Ma capiamo presto che il bambino, un bel ragazzino con i capelli ricci, non mangia ciò che ci si aspetterebbe. Brecken – cucciolo umano o primo di una nuova specie? – può mangiare la plastica di un secchio, da cui stacca a morsi il bordo...
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